Quando il contagio è positivo... lasciamoci contagiare.
Girovagando sui social ho letto un articolo la cui sintesi è data dalla frase finale: "Noi siamo al nostro meglio quando serviamo gli altri. Essere civili è questo".
Allo stesso modo girovagando per i boschi mi capita di imbattermi in segni che con la civiltà hanno poco a che fare: sacchetti buttati, bottiglie, addirittura un tappetino di un auto su un ramo di una pianta. Sicuramente molto meno di qualche anno fa. Quando ero piccola i boschi erano una discarica a cielo aperto, abusati proprio dagli stessi abitanti della zona (non si doveva andare lontano per cercare il colpevole discaricatore di frigo, pneumatici, latte di olio esausto). Certo è che al giorno d'oggi proprio non ce la faccio a pensare che ci sia ancora qualcuno che crede di poter fare quello che vuole.
Ma a fronte di questo sfogo, un piccolo gesto che può quasi passare inosservato sale subito in poleposition, surclassando il brutto e aprendo uno spiraglio di bello che contagia e fa sperare.
Parlo della lapide " della Loris".
Dietro casa mia, ad un certo punto nel bosco c'è una pietra che ricorda un tragico avvenimento del secolo scorso, quando ancora le strade nei boschi venivano usate quotidianamente per spostarsi da un paese all'altro. La storia "della Loris" si tramanda da una generazione all'altra, per chi vive qui e si trova a passare in quel punto del bosco. Si racconta la storia, se ne disegnano i lineamenti, si tira un sospiro di fronte alla brutalità e alla follia umana e poi si prosegue. La lapide è lì, un punto di riferimento che c'è, ma che alla fine viene quasi dimenticato, coperto dalla natura che avanza silenziosa.
Questo è quello che pensavo fino a quando un bel giorno, facendo la solita passeggiata mi accorgo che qualcuno si era preso la briga di togliere le erbacce, pulire la terra dinanzi alla lapide e mettere persino un vaso di iris.
Quel qualcuno non ero io. Perché non lo avevo fatto?! Sono davvero sempre così di corsa anche quando passeggio?! La risposta è no, ma sicuramente quel gesto richiede che sia pensato, programmato e voluto, gratuitamente, andando oltre a sé stessi. Un "prendersi cura".
Chi lo ha fatto è stato sicuramente un esemplare della civiltà che vorrei vedere, che vorrei essere.
Così per non fare troppa aria fritta ho ingaggiato il figlio più alto per togliere quel tappetino da quel ramo; messo guanti di lattice per raccogliere le immondizie che troviamo e forbicioni in tasca per tagliare quei rami che sporgono troppo e che possono essere pericolosi per i ciclisti che passano.
La civiltà può essere contagiosa, se ci lasciamo contagiare e dopo, gratuitamente, stiamo anche meglio!