Per i neo genitori

Lo sguardo della logopedista


Che sia il primo, il secondo o foss' anche il decimo...ogni figlio è unico e irripetibile e in quanto tale va riconosciuto, amato e "nutrito". Vi sembrerà che possa aver bisogno di tante cose e se da una parte è vero, è altrettanto vero che ciò di cui ha più necessità è di entrare in relazione con voi e sentirsi amato.

Cosa vuol dire "entrare in relazione"?

Innanzitutto sono necessari almeno due soggetti (non si entra in relazione guardandosi allo specchio!), in secondo luogo i due soggetti devono essere disposti ad avvicinarsi, ad ascoltarsi, a guardarsi negli occhi, a scambiarsi informazioni (nel senso più profondo del termine, ovvero "dare una forma" ad un sentimento, un pensiero, una cosa), a donare un pezzo di sè all'altro, senza sentirsi giudicato, senza fretta, senza barriere e... senza aspettarsi nulla...

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Apro una grande parentesi.

E' sempre vera quest'ultima affermazione?

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No, non tutte le relazioni sono "alla pari" e quando abbiamo a che fare con un piccolo d'uomo dobbiamo essere consapevoli che siamo noi a guidare e a dare significato a quello che sta accadendo, perché sicuramente nostro figlio si aspetta qualcosa quando piange, così come si aspetta una reazione ai suoi sorrisi e gorgheggi, al suo richiamare l'attenzione battendo il cucchiaino sul tavolo e così via.

Vi ritrovate in questa situazione quando siete con il vostro piccolino? Penso proprio di sì!

La cosa meravigliosa è che per fare tutto ciò non sono necessarie tante parole, anzi, più il bimbo è piccolo e più le nostre frasi dovranno essere semplici e ridondanti, ricche di melodie, accompagnate da gesti, affiancate dal contatto dolce come una carezza e saldo come un abbraccio amorevole, ma che sostiene.

Nei primi mesi di vita del bambino il volto di chi lo accudisce si trasforma in un grande vocabolario di espressioni in grado di supportare anche il più semplice dei messaggi, dandogli una forza ed una potenza straordinari in grado di catturare l'attenzione, di sottolineare e dare senso anche ad una semplice "Ah!" di stupore. Non è un caso se quasi per istinto tutti quelli che gravitano intorno ad un piccolo d'uomo, rivolgendosi a lui, si sintonizzano su un unico linguaggio: "il maternese" in cui tono e mimica sono esagerati...ci avete mai fatto caso?! Uno strumento incredibilmente banale ed altrettanto sorprendentemente efficace.

Dovete sapere che il piccolo d'uomo inizia a sviluppare l'udito già dal quinto mese di gravidanza e crescendo nel suo nido caldo percepisce i suoni che arrivano dall'esterno e soprattutto dall'interno: il respiro e il battito del cuore della mamma. Cresce quindi accompagnato da un ritmo che varia a seconda dello stato fisico e d'animo della mamma (il cuore accelera e rallenta se siamo agitati o rilassati, felici o tristi, di corsa o seduti...) e da una melodia: la voce della mamma. Non per niente appena nato è in grado di riconoscerla fra tante altre per trovare in essa conforto e un senso di "casa".

Ma non solo...il cervello di un bimbo appena nato è in grado, già dalle prime settimane di vita, di distinguere tutti i fonemi delle varie lingue del mondo (le neuroscienze in questo ambito ci hanno mostrato cose impensabili solo cinquant'anni fa). Una capacità davvero sorprendente, ma allo stesso tempo inutile per la sopravvivenza immediata del piccolo che ha bisogno essenzialmente di essere accudito e nutrito! Per questo motivo, nei primi mesi il cervello del piccolino fa un'operazione di "potatura" facendo decadere le connessioni che non vengono stimolate (lingue straniere), per far rimanere ed emergere invece quelle proprie della lingua in cui cresce, in modo che sia in grado di comprendere, elaborare e successivamente, per tentativi, produrre e articolare i suoni di quella che sarà la sua "lingua madre".

Come avviene tutto questo?

Grazie alla relazione che instaurate con lui, al tempo che gli dedicate parlandogli, ridendo con lui, facendo da filtro per i tanti stimoli che arrivano dal mondo, semplificandoglieli, adattandoli alla sua età e al suo sviluppo, dosandoli e lasciando passare solo quelli che per lui sono utili, scartando e allontanando quelli inutili.

Tutto questo rientra nell'ambito del mio lavoro, che come vedete non ha a che fare "solo" con le parole, perché, lo avrete ormai capito

Il "linguaggio"" è molto di più del "dire delle parole".

Osservare, sostenere e accompagnare lo sviluppo delle abilità comunicative e del linguaggio del bambino è il mio compito, il viaggio in cui mi sono avventurata tanti anni fa, l'astronave sulla quale sono salita e dalla quale continuo a vedere mondi fantastici.

Ps. Le parole in grassetto sono particolarmente importanti...magari avremo modo di approfondire!


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